Oggi ho deciso di tornare sulle mie tracce, anzi no, su quelle della mia amica Lady Disturbia, nota per aver trattato male tutte le commesse del triangolo dello shopping Shibuya – Omotesando – Harajuku.
Chi è Lady Disturbia? È stata la mia prima compagna di viaggio. QUI e QUA alcune delle sue avventure.
Tanti anni fa, prima dell'arrivo degli smartphone, io e L.D. abitavamo a Tomigaya, una zona molto borghese vicino alla fermata Yoyogi Hachiman.
Ecco vorrei tornare lì. Per vedere se qualcosa è cambiato, se ci sono ancora i piccoli supermercati e le caffetterie un po' decadenti.
Per rendere le cose più difficili ho deciso di scendere alla stazione di Yoyogi, che voi direte: – vabbè sarà dietro l’angolo – e invece stok☆zzo!
Una delle cose più belle da fare a Tokyo è perdersi, perché si scoprono quartieri carini, nuove bevande nelle macchinette e soprattutto portachiavi Limited Edition di Hello Kitty. Solo una cosa resta uguale: i Konbini. C’è sempre un commesso affaticato dalla vita e ahimè sottopagato, i biscottini a forma di Koala e le rivistine un po’ zozze.
Ma perché dico alla gente di perdersi quando viaggia in Giappone e se lo faccio io mi spavento?
All'uscita della stazione sembra tutto uguale. Secondo me c’è qualcuno che mi sta prendendo in giro e sta girando i palazzi come fa Doctor Strange nei film della Marvel. In più non ho con me il Pocket wifi e il mio cellulare mi sta chiedendo pietà perché è stanco di fotografare Vending Machine e cagnolini legati fuori dai negozi.
Sai che c’è? Vado a naso, seguirò il mio istinto da vecchio samurai e ritroverò la mia prima casa. (QUI se volete rinfrescare la memoria).
Ho comunque tre scelte. Sinistra, destra o centro. Quale via scegliere? Perché qui non è il solito gioco pillola rossa, pillola blu, qui c’è anche pillola verde. E una delle tre potrebbe portarti in uno Stargate dall’altra parte del mondo.
Ma io non bado a queste cose, sono un po’ fatalista e ho la concentrazione di un topo ballerino. Infatti appena ho visto un ragazzo con una gamba finta, la mia ansia è scomparsa. Che carino, mi ha guardato e mi ha fatto il classico segno dei baffi, poi ha sorriso. Certo non potevo rispondergli alzando la gamba come Heather Parisi, sarebbe stato un po’ maleducato, ma gli ho domandato se sapeva come arrivare alla stazione di Yoyogi Hachiman. Mi ha indicato una via, dove c’erano tre anziane con la gobba.
Devo pedinarle?
Sono degli oracoli?
Mi ha salutato in fretta e furia ed è scomparso con la sua gamba in titanio.
Ho seguito per tre minuti le vecchine, che camminavano così lente che a un certo punto mi sembrava veramente di vivere in Matrix. Tutto si muoveva alla moviola, persino le auto. Avevo la percezione di tornare indietro nel tempo. E se fossero delle streghe? O magari sono le padrone del tempo. Forse mi hanno spruzzato qualche droga spray. E invece no! Erano i miei occhi che stavano guardando come calamite una vetrina di pupazzi e cercavano di confondere il mio cervello mandando stimoli emozionali per farmi distrarre. (Come al solito)
C’è questo negozio a Tokyo. Si chiama Bandit. È un piccolo regno del giocattolo vintage.
Hanno persino il fantoccio di Macaulay Culkin, quello di Mamma ho perso l’aereo, nella sua versione infante, non tossico. 😛 Fa un po’ paura, secondo me di notte si trasforma nella bambola assassina.
Quando sono entrato, giusto per dare veramente un occhio, non c’era nessuno. Avrei potuto rubare tutto, uscire di soppiatto e correre come un matto con il mio zaino pieno di Gremlins e Orsetti del cuore, ma siccome sono educato e rispettoso delle loro regole giapponesi, ho solo sospirato davanti alle statuine dei Goonies.
Poi la commessa ha fatto capolino da una tendina e non mi ha nemmeno degnato di uno sguardo. Neanche un buongiorno. Com’era quella cosa dell’ Omotenashi giapponese?
Ma io ho una missione non posso perdermi dietro a mostri e oggetti amarcord.
E così ho camminato e la memoria tornava, malinconica e divertita. I ricordi si facevano più nitidi. Ho visto un cartello appeso a un palo dove c’era disegnata la mia amica Lady Disturbia con la scritta “Ragazza straniera cattiva ricercata per maltrattamenti e atti persecutori nei confronti delle commesse del quartiere, attenzione gira insieme a un ragazzo baffuto”.
Forse è meglio indossare una mascherina e un paio di occhiali da sole.
Nel mio vagare ho incrociato un centro ippico, tutto pulito, con una signorina addetta a raccogliere gli escrementi dei cavalli, ma lo faceva in maniera così dignitosa e divertita che mi ha fatto diventare il cuore piccolissimo. Poi i cavalli giapponesi cagano rosa, mica come i nostri che sembra che abbiano una fabbrica di polpette puzzolenti.
Di fianco al maneggio, c’era quello dei Pony, dove tutti i bambini composti facevano la fila per accarezzare quei minuscoli equini nervosi. Anche qui c’era una signorina addetta a pulire le cacchette lasciate qua e là. Quasi quasi mollo giù un curriculum.
Ho lasciato dietro di me l’olezzo di escrementi, ho girato a destra e poi a sinistra, ho fatto tre giravolte e alla fine Tomigaya mi è apparsa in tutto il suo splendore finto borghese.
E’ rimasto tutto uguale. Persino i bambini sono rimasti bambini.
Sono corso subito a mangiare una bella Tempura, che alle 3 del pomeriggio non può che restarti sullo stomaco per tutta la giornata.
Le cameriere ovviamente non sono più quelle di una volta, ora ci sono due ragazze addestrate a dire sempre la stessa cosa. Quando mi hanno visto si sono spaventate. Chi sarà questo baffuto occidentale?
Una si è avvicinata e ha iniziato a parlare con quel fare servile che urta i nervi.
Faccio segno sul menù e le dico che non parlo bene giapponese.
Il nostro dialogo è stato più o meno così:
“Buongiorno benvenuto al ristorante Unto e Pesantezza, cosa vuoi mangiare?”
“Non capisco bene il giapponese?”
“Preferisci il menù o solo la tempura?”
“Il set menù”
“Preferisci il menù o solo la tempura?”
“Set Menù, con la U accentata”
“Preferisci il menù o solo la tempura?”
Oh mio Dio. Questa dev’essere uno di quegli esperimenti robotici usciti male
“Voglio il Set Menù. Telo sto indicando con il dito!!!”
“Preferisci il menù o solo la tempura?”
“Ma io preferisco il verde come colore”
Ed è partito il nonsense.
“Preferisci il menù o solo la tempura?”
“Lo sai che mia mamma riesce a ruttare l’Ave Maria?”
Ma perché continui a parlarmi in giapponese e non fai uno sforzo con il linguaggio dei segni?
Il cuoco deve aver capito il nervosismo che mi stava crescendo, perché a un certo punto l’ha chiamata in malo modo e le ha urlato “Setto Menù!!!!”.
Bravo!
Dopo di me è entrato un uomo di colore e nessuna delle due ha avuto il coraggio di portargli il the di benvenuto.
Mentre mangiavo tranquillamente, guardando in trance il tavolo, sentivo una presenza dietro alle mie spalle.
Era la cameriera che aspettava che mi girassi per dirmi: “Spoon?”
“Spoon a chi?”
“Spoon?”
“No, grazie”
“No spoon?”
“No!”
“Fork?”
“Scusa non vedi che ho praticamente finito, non potevi chiedermelo prima?”
Il cuoco curioso capendo le nostre difficoltà linguistiche mi ha omaggiato di una ciotola di riso, sorridendo e facendo il segno dell’OK riferito ai miei baffi.
Alla cassa ancora la stessa storia.
Lei parla giapponese, io rispondo in inglese, lei di nuovo in giapponese, io in Italiano, lei ringrazia in giapponese e io pure.
E rimane di stucco.
Poi ha cominciato a dirmi “riso”. E io rispondevo “Arigatou”.
"Riso"
"No. Ho pagato. Non voglio. un'altra ciotola di riso. Arigatou"
"Riso"
"Ti ho detto di no! Arigatou!"
"Riso"
"Arigatou"
Mi sono trasformato anche io in un automa fuori uso.
Alla fine ho scoperto che cercava di dirmi che avevo due chicchi di riso attaccati ai baffi.
Che carina.
Sono rimasto per più di un’ora nel quartierino dove vivevo 15 anni fa. Senza fare niente. Guardavo le persone passare e attraversare i binari. Mi mancavano solo una sedia e dei piselli da sgranare e giusto due comari con cui chiacchierare.
Ho fotografato tutto, insegne ingiallite, l’ufficio postale, ho bevuto un caffè nello stesso tavolo dove facevamo colazione, mamma mia come sono stucchevole! 😛
Neanche un episodio bizzarro, qui tutto è perfetto. Il rigore giapponese non lo puoi scardinare a meno che…cos’è quello oggetto che disturba la mia vista?
Non lo vedete?
Meglio avvicinarsi.
Forse è il Dvd di Love Actually?
In Giappone nessuno butta niente per terra, i cestini sono stati tolti per “disincentivare” attentati terroristici.
Però i dvd, quelli sì, li puoi lasciare ovunque.
Gtvb
Foto Cover: Pokemon frame (spero non sia vera!!!) The Pokemon Company ©
Le parole in rosso sono link. Se volete farvi un viaggio nel blog. :-)