Tutto il Giappone è in stato di emergenza.
Si chiede alla popolazione un comportamento responsabile.
Il mio vicino ogni giorno esce per andare a fare volontariato.
Si occupa degli anziani che abitano in periferia. Insieme a un gruppo di ragazzi riempie delle scatole con beni di prima necessità. Ci sono il tonno, lo zucchero, la farina e il sale. Poi pasta, riso e ancora pasta.
Ogni giorno la polizia lo ferma per il controllo, nonostante abbia una pettorina con la scritta “Milano aiuta” e un badge rilasciato dal Comune.
Second Harvest è fra le più famose associazioni di volontariato in Giappone. Food for all people è il suo motto.
Il loro scopo è quello di raccogliere donazioni alimentari da aziende e privati per poi distribuirle ai senza tetto, centri di assistenza per anziani, rifugi e aree colpite da catastrofi naturali.
Hanno sede a Tokyo (Asakusabashi) e sono sempre alla ricerca di volontari che vogliano fare la differenza, soprattutto in momenti come questo.
Hands of Tokyo è invece un’altra associazione nata dalla volontà degli expat residenti in Giappone.
Insieme cercano di portare aiuto fra le categorie più fragili: bambini, anziani, madri single e homeless.
I loro eventi sono fermi a causa del Corona Virus, ma sono sempre alla ricerca di persone che abbiano voglia di mettersi in gioco e di donare del tempo libero per una buona causa.
Sono stato ancora ospite delle Cronache Differite in Giappone, una serie di interviste a cura dell’Associazione L’Altro Giappone di Napoli.
Il giornalista Pio D’Emilia ha risposto a una domanda che mi girava in testa da giorni: Come funziona realmente la macchina del volontariato in Giappone?
Gtvb
Foto Cover: Pio d'Emilia ©