Il parco di Ueno è come aggiungere a Villa Borghese un pizzico di soia.
È uno dei più amati di Tokyo, pieno di musei e templi. A seconda della stagione si colora: rosa in Primavera, rossastro in Autunno.
Io e la mia compagna di viaggio ci siamo andati per boicottare lo zoo e scoprire i suoi bizzarri avventori.
Buona lettura.
Sulla mappa della Metro di Tokyo, Ueno troneggia in alto a Nord- Est.
Non è tanto lontana da casa della nostra amica giapponese Mia- san, quindi speriamo che non faccia ritardo come al solito.
Drin drin
“Ciao Mia san siamo davanti all’uscita della Metro, dove c’è una grande tazza di ramen che si muove”
“Voi dove siete?”
“A Ueno”
“Ma quale uscita?”
“Non mi ricordo”
“Io forse non vi troverò”
Iniziamo bene.
Ueno ha un bivio. Potete scegliere fra il mercato Ameyoko o il parco. A seconda della vostra opzione la vostra giornata prenderà un gusto diverso. Io vi consiglio lo shopping alla fine, perché il parco è molto grande e pieno di sorprese.
Nonostante sia un giorno infrasettimanale c’è un bordello dell’ostia.
Secondo me è colpa del Panda, che attira orde di bambini e cinesi che gridano già fuori dalla biglietteria.
Pensavo fosse una zona rilassante, ma la presenza dei musei e dei luoghi di culto moltiplica le persone a ritmo costante.
A Ueno potete trovare scolaresche scazzate in coda al National Museum of Nature and Science, turisti americani assonati al Tokyo National Museum e ragazze alla moda imbabolate davanti alle opere del National Museum of Western Art.
Ma Ueno non è solo cultura e natura è anche disagio. Sui ponti e nelle zone meno battute poveri homeless dormono sulla strada o cercano per terra qualcosa da tenere in tasca, cosa quasi impossibile in un paese pulitissimo e senza cestini come il Giappone.
Io e la Piera, ancora commossi di quello che c’era successo a Osaka, abbiamo regalato quattro bottigliette di the ai poverelli che ci hanno ringraziato con un cenno di "kanpai", mentre quelli che dormivano non abbiamo voluto disturbarli.
C’è un simpatico clochard che ci ha visto aiutare i suoi colleghi e ha girato il parco un po’ con noi.
Silenzioso ed educato come tutti i nipponici.
“Non è che ci vuole rapire?”
“Piera…immagina essere rapita in Giappone. Potresti finire imprigionata in un centro commerciale”
“Speriamo ci sia anche l’anonima sarda!”
Oltre agli homeless, Ueno è frequentata anche da donne borghesi. Chissà dove vanno di prima mattina agghindate come delle fioriere.
Forse al museo Ueno Toshogu Peony Garden. Che sciocco a non pensarci.
Ueno è bizzarra, soprattutto se vi pedina un clochard. È quasi in tutte le nostre foto.
Ueno in Primavera assomiglia all’Oktober Fest, salarymen ubriachi e segretarie coccodè affollano il parco cantando e vomitando sotto i romantici Sakura. È uno spettacolo che non dovete perdere, c’è persino la televisione.
Ueno è una lotteria, perché non sempre i musei d’arte propongono cose interessanti.
“Scusa tu capisci di cosa parla questa esposizione?”
“Donne che si fanno annusare da animali”
“E quella del museo d’arte moderna?”
“Scolapasta grigi”
Forse meglio andare a manifestare fuori dallo zoo.
Il Panda è il simbolo di Ueno, i bar vendono panini bianchi con gli occhi neri, peluches caccia polvere e portachiavi a forma di culetto del famoso orsetto.
È praticamente impossibile liberarlo, perché metà degli introiti del parco arrivano grazie a lui.
“Vabbè cosa facciamo?”
“Piera potremmo visitare un museo a caso oppure giocare a briscola con il nostro amico samurai vagabondo”
“Andiamo al museo della Scienza?”
“Mi ricorda troppo la scuola”
“Museo della Peonia?”
“Solo se c’è Alberto Angela”
“Shitamachi Museum?”
“Non riesco a pronunciarlo, sembra una ricetta barese”
“È allora sai dove dovresti andare?”
“Posso intuirlo…”
In effetti siamo capitati in un periodo nero.
Fra le mostre speciali possiamo scegliere fra un sacco di proposte:
- Le opere in miniatura del Louvre.
- I piatti del buon ricordo del periodo Meiji.
- I pettinini della Geisha.
- Gli zoccoletti dei pastorelli della Manciuria.
“Quindi?”
Alla fine siamo rimasti seduti a guardare alunni che guardavano alunne che guardavano i professori, personaggi grotteschi che puoi trovare solo a Tokyo, anziane che camminavano al rallentatore e ahimè italiani che bestemmiavano.
Sulla panchina a farci compagnia c’erano una vecchietta ultra millenaria, un disabile, due fashion blogger e un salaryman di mezza età molto chiacchierino.
“Di dove siete?”
“Italia”
“Milan?”
“Sì, come lo sa?”
“Anche io Milan”
“Non si direbbe”
La Piera che deve sempre distruggere i miei sogni…”Cretino guarda che sta parlando della squadra di calcio”.
Dopo una bella mezz’oretta di chiacchiere, dove abbiamo parlato praticamente a gesti e mostrato foto a caso sul cellulare, la mia compagna di viaggio si è trasformata nella solita addicted allo shopping.
“Andiamo al mercato che di sto Panda asessuato mi sono rotta. Poi sei un eterno indeciso, non sai scegliere fra mille musei, quindi decido io per te: mi porterai i sacchetti!”
Il mercato Ameyoko è un meltinpot di profumi e colori.
Ci sono persino i kebabbari che sfidano i ristoranti di sushi con i loro falafel.
L’odore della cipolla si mischia a quello del pesce, che si mischia a quello delle scarpe da ginnastica che si mischia a quello dei negozi di jeans. Sale giochi e Pachinko sono le salse che accompagnano il pellegrinare di casalinghe e ragazzini affamati.
Il pescato fresco costa poco.
E alcune bancarelle ti preparano pietanze al volo.
Gli unici scemi che non hanno resistito al panino con dentro i bianchetti siamo stati noi.
Hanno un sapore fortissimo. Come leccare degli scogli pieni di cozze.
Tokyo però ti viene sempre incontro, così una Vending machine ti può risollevare la giornata e rinfrescarti l’alito.
“Vuoi anche tu una Coca Zero?”
“Prendi tutte le bibite, sembra che abbia limonato con Capitan Findus!”
Drin drin
“Ciao sono Mia san, sono davanti all’entrata dello Zoo”
“Alla buon’ora!”
“Sono le 15”
“Era una battuta!”
“Io non capisco”
“Lascia perdere. Noi siamo al mercato di Ueno. Però resta ferma dove sei. Non ti muovere”
“Forse voi non mi troverete. Qui c’è tantissima gente, a me non piace venire a Ueno!”
“Ma è uno dei parchi più famosi di Tokyo!”
“A me piace parchetto vicino a casa mia”
"Ma non è un parchetto, è praticamente un tombino!"
E così da bravi ragazzi, abbiamo terminato il nostro shopping e siamo corsi a cercare Mia san.
Sulla strada i clochard a cui avevamo regalato l’acqua ci hanno salutato, la vecchina e il salaryman milanista pure, solo i fashion blogger ci hanno snobbato.
Del nostro amico samurai vagabondo però nessuna traccia.
E qui che il Giappone si trasforma nella terra dei sogni.
Nel posto dove dormiva, ovvero per terra, c’era lui:
“Te l’avevo detto che era speciale”
Secondo il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare i senzatetto in Giappone sono 4997.
L'organizzazione senza scopo di lucro Advocacy and Research Center for Homelessness di Tokyo afferma invece che il numero reale supera i diecimila.
Nel 2003 erano 25.000.
Nel 1994 le forze dell'ordine tentarono forzatamente di ripulire un accampamento che si era formato fra la stazione di Shinjuku e il Tokyo Metropolitan Government.
Nel 2002 il governo ha riconosciuto come propria responsabilità il problema dei senzatetto mettendo in vigore un atto speciale in materia di sostegno all'autonomia di queste persone in grave difficoltà.
Tsuyoshi Inaba è il direttore del Tsukuroi Tokyo Fund, un'associazione che fornisce supporto con vari servizi ai bisognosi.
Negli anni 90 era volontario per strada e lo chiamavano "Sostenitore della prima generazione dei senzatetto".
Il più famoso clochard giapponese è stato Hattori-san. Fotografato da tanti reporter e citato persino dal Tokyo Times.
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