, , ,

STORIA SEMISERIA DI COME ARRIVÓ BABBO NATALE IN GIAPPONE

Nel 1545 Francesco Saverio, missionario e gesuita spagnolo partì alla volta della Malaysia, lì conobbe alcuni giapponesi, che dovevano essere degli strampalati burloni, perché lo convinsero a proseguire il suo viaggio in Sol levante sicuri che lì avrebbe trovato seguaci per quello strano Dio che moltiplicava pani e pesci.
Stanco del sushi volle portare il suo credo in Cina, ma purtroppo si ammalò durante la traversata e nel 1552 morì. Fu proclamato Santo da Papa Gregorio XV.
Usanza di quell’epoca era collezionare pezzi delle spoglie di questi eletti, così lo sezionarono in piccole parti e lo spedirono in giro per il mondo.
Un braccio lo potete trovare nella chiesa del Gesù a Roma, altri frammenti del suo corpo in quella di San Francesco Saverio alla Garbatella.
Eppure i giapponesi gliel’avevano detto: “Resta qui che abbiamo il Karaoke”.
Il seme del Natale fu piantato in quel periodo.

Francesco_saverio_giappone

1549 - 1639 Lo chiamarono “Il secolo cristiano”.
In quegli anni furono convertiti più di 300.000 giapponesi grazie soprattutto ad alcuni Daimyō che avevano preso in simpatia questa religione arrivata da lontano, talmente in simpatia che decisero di battezzarsi e cambiare nome.

Francesco Saverio li definiva "l'infedeli migliori".

Così Ōmura Sumitada, il daimyō che aprì il porto di Nagasaki al commercio estero, scelse come nome Bartolomeo (sfido qualsiasi giapponese a pronunciarlo in maniera corretta), Ōtomo Sorin, potente e furbo stratega preferì il più classico Francesco, mentre il collega Arima Harunobu era in arte Protasio.

Il seme del Natale cominciava a germogliare. Qualcuno costruiva un presepe con i sassi, altri legavano rami a forma di stella cometa e i bambini mettevano sul davanzale una ciotola di riso e del sakè.
Ma a Babbo Natale piaceva il latte con il Pandoro e quindi evitava i giapponesi come la peste. In più si erano messi di mezzo gli inglesi, che in combutta con gli olandesi, screditavano i portoghesi, gli italiani e i cattolici in generale.

“Guardate che pretenderanno sempre di più, dategli un dito oggi, vi ritroverete un Christmas Village domani, magari di fianco ai vostri templi”

Inorridito da queste voci Tokugawa Ieyasu, il grande Shogun che chiuse il Giappone al mondo, non ci pensò un minuto e li cacciò tutti con un editto dichiarando guerra a Babbo Natale e a tutti quelli presenti nel Presepe.
Era il 1614.
Ma qualche impavido missionario rimase ancora in giro.
Girolamo De Angelis fu il primo gesuita a visitare l'Hokkaido. A lungo Masamune Date, il signore della regione, tollerò la sua catechesi, ma dopo un po’ cominciò a trovarlo invadente. Va bene pregare in mezzo alle strade, ma pretendere chiese e ostie di soia era un po’ troppo. Girolamo ritornò così a Edo con la Bibbia e la piva nel sacco.
Nella capitale però trovò il cattivo dei cattivi: Tokugawa Iemitsu, che gli stette al collo fino alla fine dei suoi giorni. Iniziarono anni di persecuzioni, fughe, pratiche religiose clandestine, travestimenti e torture. Girolamo fu arso sul rogo insieme al suo catechista Simone Jempo. Il teschio fu raccolto dai fedeli graziati che lo riportarono in Italia. Se volete vederlo basta andare nella chiesta di S.Marco ad Enna.

Nel 1637 Iemitsu fu protagonista della rivolta popolare di Shimabara.

Takao Yamamoto Shimabara

I contadini si rivoltarono contro le politiche anticattoliche, perché a loro Gesù stava simpatico, mica come Budda che dorme sempre sotto l’albero e non si lava mai la faccia o peggio ancora gli dei shintoisti che sono una marea e non sai mai a chi rivolgerti. 
Iniziò una battaglia sanguinolenta: di qui i cattolici giapponesi capitanati dal rōnin Shiro Amakusa, di là 125.000 uomini pronti a sopprimerli.
Guidati dallo Shogun, vinsero a mani basse quelli di là e al povero Shiro venne tagliata la testa.

Eppure sono convinto che per conquistare tutti sarebbe bastato raccontare che a Natale, giorno del compleanno del nuovo Dio, arriva un uomo con la barba a portare i regali, che ci si ritrova a casa con la famiglia a mangiare come dei Gremlins impazziti e che ci si scambiano doni di dubbio gusto e riciclati, ma che alla fine quello che conta è il pensiero.
Se poi Shiro avesse calato anche l’asso di S.Lucia sicuramente avrebbe vinto, ma i gesuiti facevano fatica ad evangelizzare il paese e forse qualche storiella se l’erano persa per strada, anche perché appena aprivano bocca volavano fendenti di katane.
Questa rivolta lasciò dietro di sé più di 30.000 morti compresi poveri civili che manco conoscevano Gesù, Giuseppe e Maria, ma avevano preferito ingenuamente il Panettone a quella schifezza dell’Umeboshi.

Il vero personaggio chiave era stato però Alessandro Valignano che nel 1582 organizzò, insieme ai damyō cattolici, l’ambasciata Tenshō, ovvero la prima missione diplomatica giapponese in Europa.
Furono scelti 4 ragazzi appena quindicenni.
A capo di questa delegazione c’era Itō Sukemasu Mancio, figlio di Itō Shurinosuke e parente di Ōtomo Sōrin, accompagnato da Michele Chijiwa, Giuliano Nakaura e Martino Hara.
Quando arrivarono a Roma fu delirio e curiosità.
Itō Mancio ebbe la fortuna di essere ritratto dal Tintoretto, ahimè però in vesti occidentali.

Tintoretto Giappone
Alessandro voleva mostrare ai giapponesi quanto fosse ricca e magnifica la religione cattolica e sfatare quel luogo comune sui gesuiti che venivano considerati degli accattoni in cerca di fortuna.

“Mi raccomando fategli vedere San Pietro anche se è ancora un cantiere”

Questi ragazzini tornarono dopo 8 anni, non male come Erasmus! :-P

Alessandro invece rimase in Giappone 33 anni. Morì a Macao e non tornò più a Chieti.

Fra le sette divinità della fortuna giapponese c’è né una che ricorda vagamente Santa Claus: si chiama Hotei ed è il dio della felicità.
Panciuto e sorridente. Il suo nome scritto in Kanji significa “sacco di stoffa”, come quello che porta Babbo Natale sulla slitta.
Ma cosa c’è nel sacco di Hotei? Dicono le leggende che può contenere tantissime cose: i mali del mondo, riso, abiti oppure regali per i bambini.
Torii Kiyomitsu, uno dei pittori della scuola Ukiyo-e lo rappresentò su un carro trainato da fanciulli felici.
A Hotei piace che la gente si ri
unisca alla vigilia di Capodanno per chiedere un desiderio comune, che lui realizzerà, solo se può essere condiviso.

hotei Torii Kiyomitsu

Nel 1860 il conte di Eulenburg di Prussia fece decorare il primo albero di Natale in una stanza dell’ambasciata. Il Giappone si era appena aperto al mondo e questa cosa del Natale mandava tutti ai matti.
Che sciocco quel Tokugawa, cosa si era perso: crema al mascarpone, decori, luci, strufoli, canzoncine e poesia sulla sedia.

Santa Claus Shindō Nobuyoshi
Nel 1900 Shindō Nobuyoshi pubblicò un libro dal titolo "Santa Kurō", qualche anno prima a Tokyo, alla Harajo School di Ginza, arrivò uno bizzarro uomo mezzo Samurai mezzo Babbo Natale per celebrare quella strana festa giunta da occidente. Speriamo abbia portato dei regali decenti!

Buone feste a tutti

Gtvb


Foto Cover: Maped/Marco Pedrazzoli ©

Immagini: Takato Yamamoto Shimabara Rebellion ©
                Santa Kuro book National Diet Library ©