Appena arrivati a Sukagawa io Marco e Mia san siamo stati accolti da un cesto di fragole.
Sì, un bellissimo cesto di fragole, perfette e quasi tutte delle stessa misura.
Perché Sukagawa non è solo famosa per Ultraman e per il museo di Matsuo Bashō, uno dei più grandi poeti giapponesi, ma anche per la tenacia con cui ha dovuto combattere dopo l’11 Marzo 2011.
L’incidente nucleare, il terremoto, ma anche altri disastri come il tifone Hagibis e la crisi economica non sono riusciti a far inginocchiare questa grande comunità, che ha come Mascotte una fiamma di nome Botan, sempre pronta a indicare la strada.
Le fragole sono state uno stimolo a ripartire, così come il cetriolo, che ha una festa tutta sua il 14 Luglio. (Kiuri Tennō Sai)
Ora per non fare brutta figura mi toccherà tenerle per tutto il weekend e solo Budda sa quando riuscirò a mangiarle.
“Gabriè non è che sono radioattive?”
“Marco cosa vuoi che ti venga? E poi noi siamo ospiti, mica delle cavie”
“Ma quanto dista la centrale di Fukushima?”
“Circa 80 km”
Marco non ha più parlato. Un po’ perché era concentrato a respirare dentro un sacchetto, un po’ perché i giapponesi sono così carini che quando gli dici “Non ho capito, non parlo giapponese fluente” rispondono nel loro dialetto stretto pensando di risolvere la situazione.
E allora iniziano conversazioni nonsense tipo questa:
“Do you speak english?”
“Arigatou!”
“No, ti ho chiesto se parli inglese?”
“大丈夫”
“Vuoi aiutarmi a mangiare le fragole che sono troppe?”
“あなたに会えて幸せです”
Però è vero che quando c’è empatia fra le persone, la lingua non è più un ostacolo.
Basta sorridere, usare dei gesti consoni e sapere sempre dov’è la porta del bagno.
Come prima tappa ci hanno portato in un bar molto carino con tanti prodotti bio e oggettini kawaii sparsi qua e là.
Qui si ritrovano spesso gli amici di Mia san che fanno parte del comitato della Festa del Fuoco (QUI se volete ripassare).
Hanno anche una sala riunioni, però in questo locale dicono che si divertono di più e nel frattempo aiutano a far girare l’economia del paese. Io ho preso un caffè e ho cercato di offrire fragole a tutti, ma con scarso successo.
“Non vogliono mangiarle perché sono radioattive”
“Marco piantala!!!!
“Moriremo tutti!”
E se dentro il bar si respira un’aria primaverile, fuori si è scatenato l’inverno con una bella bufera di neve. Io e il mio amico siamo vestiti leggerissimi e vorremmo tanto partecipare ai discorsi incomprensibili che fanno i nostri gentili padroni di casa, ma è tempo di far uscire quel piccolo demone dello shopping che mi porto nel taschino.
“Scusate amici di Sukagawa che non volete mangiare le fragole, conoscete un posto dove poter acquistare delle maglie termiche?”
“Hi!”
E Marco: “Hi è un negozio?”
Speravo non svelassero ancora a Marco l’esistenza di Uniqlo, il colosso dell’abbigliamento nipponico e invece…Dio li fulmini.
Appena ha visto tutta quella merce a prezzi democratici è impazzito come un gatto famelico davanti a una scatoletta aperta di Whiskas.
Si è comprato un paio di mutande termiche lunghe da anziano, due magliette estive, centinaia di slip traspiranti in questa fibra chiamata AIRsm che non fa sudare le palle.
Io ho acquistato un leggero Kway, che va bene per la pioggia, ma non aiuta con le temperature glaciali.
Praticamente siamo usciti dal negozio che avevamo ancora freddo.
Come seconda tappa abbiamo fatto il giro di tutte le statue a tema Ultraman, comprese quelle della sua famiglia ed alcuni nemici storici.
Sukagawa conta circa 80.000 abitanti. Quasi tutto è stato ricostruito dopo il terribile disastro del 2011, ma sono ancora molte le casette sopravvissute al sisma.
Le montagne la proteggono e rendono l’orizzonte più romantico. C’è persino una riproduzione della Bocca della Verità fuori da un ristorante stile italiano.
Appena ho chiesto cosa si mangiava si è aperto un dibattito di due ore e la risposta è stata: “Non lo sappiamo, non ci siamo mai stati”.
Marco nel frattempo è rimasto così folgorato dal suo shopping che continua incessantemente a sussurrarmi nell’orecchio: “Quando torniamo da Cleo?”
Non l’ho corretto. Credo che quelli di Uniqlo non si offenderanno, visto che in venti minuti abbiamo fatto schizzare in alto il Pil del Giappone.
La nostra terza tappa è la casa studio Sukagawa Enobori Yoshinoya di uno degli artisti più famosi della città: il Maestro Shuji Ohno.
Trecento anni fa, durante il periodo Edo, il pittore e incisore Denzen Aōdō fu uno dei pochissimi artisti ad essere influenzato dalle tecniche occidentali. Grazie al suo estro e all’amicizia con Matsudaira Sadanobu, consigliere dello Shogun, riuscì a venire in contatto con la Marina Russa al nord del Giappone, che gli forniva sottobanco libri sull’arte e incisioni veneziane, olandesi e tedesche.
“Vuoi anche il calendario di Putin?”
“No, grazie. Preferisco quello con i gattini”
Quando Denzen si ritirò, tornò nel suo paese natale: Sukagawa.
Qui incominciò a ritrarre il guardiano cinese “Shoki”, il soppressore dei demoni, soggetto molto popolare in quell’epoca. Lo dipingeva su tele lunghe sei metri che venivano usate come bandiere decorative durante la festa dei bambini. (Kodomo no hi)
Così nacquero le Enobori, le famose bandiere di Sukagawa.
Denki, l’allievo di Denzen, raccolse la sua tecnica pittorica e con gli anni la passò a Shogaku Ohno che fondò la scuola Yoshinoya.
Noi stiamo andando proprio lì, per fare un laboratorio e dipingere come faceva il grande Denzen.
È da sei generazioni che mandano avanti l’arte dell’Enobori facendola diventare uno dei mestieri tradizionali giapponesi, speriamo che Marco non mi faccia fare brutte figure.
Questa è la mia opera:
Hokusai mi fa un baffo. :-P
Gtvb