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SUKAGAWA ULTRA FAMILY (e quel genio di Eiji Tsuburaya)

Nel 1966 la Tsuburaya Productions festeggiava con ostriche e sake il successo della prima serie di Ultraman.
Icona nipponica famosa a livello planetario, il personaggio con la tutina rossa e argento è il capostipite di un genere che spopola ancora adesso in Giappone. Storie dagli intrecci complicati che vedono sempre trionfare la giustizia, ma dove i mostri sono i veri protagonisti: buffi dinosauri e ipertrofici rettiloni con bocche spalancate e tentacoli gommosi che cercano ogni volta di distruggere il pianeta. I primi 39 episodi furono prodotti dalla Takeda Pharmaceuticals e trasmessi sulla rete TBS (Tokyo Broadcasting System). E dopo questi, gli investitori ne vollero altri, affamati com’erano di nuove avventure e denari che gonfiavano le loro casse grazie al successo e al merchandising del telefilm.

ultra mask

Il signor Eiji Tsuburaya, classe 1901, però pensava che il ciclo creativo di Ultraman fosse chiuso e non aveva cazzi di pensare una seconda stagione, che si sa sono sempre le peggiori.
Eiji era prima di tutto un creatore di effetti speciali. Godzilla, modellato dalle sue mani, fatto esplodere e ricucito più volte, è praticamente suo figlio. Ma fu anche regista, produttore e direttore della fotografia. Si muoveva benissimo dietro le quinte e ogni suo mostro, dopo essere stato sconfitto, appariva magicamente sulle mensole delle camerette dei bambini.

Ultraman shop

Formava coppia fissa con il regista Ishirō Honda. Insieme erano il duo Kaiju (Kaiju è il classico mostro della fantascienza giapponese).
Tutte le sue creature venivano battezzate con nomi importanti, un po’ difficili da memorizzare. C’era Rodan, che non era il lucertolone del Triveneto, ma un rettile alato che con la fidanzata amava distruggere città e villaggi. E che dire di Varan, salamandra cattiva con una coda pronta a devastare qualsiasi cosa si parasse davanti a lei?
Ghidorah è forse il tripudio della cattiveria, drago tricefalo che una ne pensa e cento ne fa. Nemesi di Godzilla, muore dopo una lunga battaglia contro altri mostri che proprio non lo sopportavano perché faceva il bullo con tutti.

kaiju_japan

Così, alla fine degli anni 60 fu UltraSeven, quello con il casco a forma di ferro da stiro, a proseguire la saga e a riaccendere le emozioni dei bambini.

Si dice che il designer di allora, Tohru Narita, lo volesse con la tutina blu e per questo bisticciò con Eiji: per il maestro Tsuburaya era fuori discussione crearlo con quella tonalità che avrebbe interferito con i fondali usati per gli effetti speciali che a quei tempi erano blu.
Si ritornò così al rosso, colore predominante nella famiglia Ultra. Una stirpe che, decennio dopo decennio, si è moltiplicata come i Gremlins.
Eiji Tsuburaya folgorato dal primo film su King Kong, decise di diventare un creatore di mostri e qui, a Sukagawa, immaginò tutti i suoi personaggi come una grande famiglia.

Ultra mother

Oggi Sukagawa considera Eiji il padre del Tokusatsu (= effetti speciali, parola legata al genere fantascientifico) e ne celebra con orgoglio il mito. Ad ogni angolo spunta un suo ricordo.
A lui è dedicato una sala del grande museo polifunzionale “Tette”. (sì, avete letto bene)
Dovete venirci in questa città perché sembra di vivere su una base spaziale. In giro potete incontrare le statue di Ultra Mother e Father pronti a sgridarvi per le vostre marachelle. Oppure imbattervi in dinosauri spaziali affamati di cervelli umani.
Ma non disperate ci sarà sempre un Ultra pronto a difendervi.

ultra seven

Io nel frattempo vi aspetto QUI.

Gtvb

Foto Cover. ©Tsuburaya Productions
Immagini. ©GiapponeTVB/©Tsuburaya Productions