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TOKYO2020 +1 (e le mascotte invidiose)

Ho chiesto alla mia amica giapponese Mia san se in questi giorni a Tokyo si respira un po’ di aria Olimpica, ma la sua risposta è stata secca e senza troppe giustificazioni: “Non esco perché cerco di non creare assemb…come dite in Italia?”
Mia san ha ancora paura perché i contagi stanno salendo. Lei sperava che per il bene comune le Olimpiadi saltassero o che almeno si corresse ai ripari vaccinando il più possibile.
Io non so cosa pensare.
Ma quando ho sentito che Keigo Oyamada – alias Cornelius, uno dei musicisti incaricati di comporre un brano per la colonna sonora della cerimonia di apertura – si è ritirato, anche a me è salita un po’ di paura. La stessa che mi veniva quando a scuola venivo preso di mira dal bullo della classe.
Che bravo Cornelius, che stronzo Cornelius!

Cornelius_Japan

Negli anni 90 aveva dichiarato alla rivista Rockin’On Japan di aver tartassato i compagni di scuola coreani e umiliato ragazzi con la sindrome di down.
Non era andato sul leggero e le sue torture furono orribili: costringeva le sue vittime a mangiare feci e a spogliarsi davanti a tutti. A detta del giornalista che lo intervistava però, sotto la sua bella frangetta, l’espressione non sembrava tradisse rimorsi.
Ma il Karma è una puttana e i coreani sono tignosi: qualcuno deve aver lanciato sulla scrivania del Comitato Olimpico quel giornale sottolineando con l’evidenziatore giallo le parti più scabrose dell’intervista.
Che facciamo lo teniamo il musicista guappo o lo buttiamo nella lettiera di Doraemon?
Ci ha pensato lui a fare ammenda e a ritirarsi, chiedendo scusa pubblicamente e augurandosi di potersi inchinare umilmente davanti alle sue vittime. Il carnefice quando è nella merda chiede aiuto.
Ogni tanto mi capita di incontrare il ragazzino che mi bullizzava a scuola.
Ora fa l’avvocato, si definisce un illuminista, ma non mi ha mai chiesto scusa.
Anzi una volta mi ha lasciato persino un volantino per la sua prossima candidatura alle elezioni comunali. Strilla che vorrebbe cambiare la città, per renderla più vivibile.
Una delle canzoni più belle di Cornelius s’intitola “Incontra un nemico”. Profetico.

Kentaro Kobayashi è il Ceremony’s director di Tokyo2020+1. Comico brillante con la memoria corta. Qualche suo hater deve aver spedito al gruppo Whatsapp del Comitato Olimpico il video di un suo sketch dove scherza sull’Olocausto in una trasmissione tv per bambini.
Lo fa con una battuta davvero modesta, che capiscono solo i giapponesi perché hanno un umorismo tutto loro.
Che bravo Kobayashi! Che stronzo Kobayashi!
Ai comici giapponesi dobbiamo dire grazie, perché senza di loro Mai dire Banzai e LOL non sarebbero mai arrivati in Italia.
Ma questa volta il Comitato ha preferito evitare incidenti diplomatici e ha presentato a Kentaro la via d’uscita.

fuck_the_olympics

Qualche mese prima Hiroshi Sasaki, altro direttore artistico durato come un gatto in tangenziale, aveva avuto la brillante idea di far vestire la comica, modella e influencer Naomi Watanabe con una tuta rosa definendola una “OlymPig”.
Naomi non ha battuto ciglio, ma ha deciso di lasciare il Paese e trasferirsi a New York per cercare fortuna e qualcuno che l’apprezzi per il suo talento.
Poi a una che sta seduta di fianco a Chiara Ferragni cosa vuoi che gliene freghi di uno sconosciuto vecchio pirla maschilista con la prostata ingrossata.

Abbiamo altri problemi?
Se vuole c’è l’offerta 3x2.

I Coreani vogliono solo cibo proveniente dal loro paese perché temono che i giapponesi usino prodotti cotti direttamente nella centrale nucleare di Fukushima.
Julius Ssekitoleko, l’atleta Ugandese che non voleva tornare nel suo paese, ha sollevato il problema dei rifugiati politici in Giappone.
Gli americani non vogliono stare nel Villaggio Olimpico perché è pieno di contagiati che manco Venezia durante la peste del 1575.

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Sta attirando molta attenzione lo sciopero della fame di Vincent Fichot, papà francese che vuole rivedere i figli rapiti dalla ex moglie: in Giappone l’affido congiunto non è previsto e se il genitore ottiene la tutela dei bambini può scegliere di sparire senza dover dire niente a nessuno.

Secondo me qualcuno deve aver fatto il malocchio a queste Olimpiadi.
E credo siano stati proprio questi due: Miraitowa e Someity, le mascotte stampate su ogni sorta di gadget rimasti per lo più invenduti sugli scaffali dei negozi.

mascotte_olimpiadi_giappone
Che va bene avere il ricordino, ma due mascotte così, senza pretese, non le avevo mai viste.

Miraitowa è la mascotte delle Olimpiadi, blu, sicuramente maschio e con quel sorriso beffardo che sembra pronto a rubarti il portafoglio.
Someity è la mascotte delle ParaOlimpiadi, rosa, sicuramente femmina.
Non si avvicinano neanche di striscio allo spirito Kawaii dei più famosi personaggi della cultura pop giapponese. Già me li vedo i Pokemon ridergli in faccia quando le Olimpiadi saranno finite e i pupazzetti svenduti nei negozi a 100 Yen.
Forse di mascotte ne sarebbe bastata solo una, più moderna e magari gender fluid, più in linea con il periodo storico che stiamo vivendo.

olimpiadi_tokyo_scandali

Toyko2020+1 non appassiona e perde audience. Sta diventando il cucchiaio di medicina amara che si deve prendere per forza, perché ormai i giochi sono fatti. Fatti di plexiglass e di continue restrizioni.
Lontano lo spirito incarnato da Yoshinori Sakai, il tedoforo simbolo di Tokyo 1964, le Olimpiadi della ricostruzione (QUI se volete conoscere la sua storia). E a niente è servito affidare al fratello il compito di portare fiamma in suo onore.
Lontani sono gli anni della rinascita.
Tokyo2020+1 è appena cominciata.
Ma le scuse dai carnefici non le vogliamo più.

Gtvb

Foto Cover: ©REUTERS
Immagini: ©Joi Ito flickr/©AFP via Getty/©REUTERS