Ishinomaki è una delle città giapponesi che l’11 Marzo 2011 fu completamente devastata dallo Tsunami.
Nel 1613 Date Masamune, il Signore feudale di Sendai, nella prefettura di Miyagi, spedì una delegazione in Europa per negoziare accordi commerciali tra il Giappone e la Nuova Spagna. (attuale Messico)
Papa Paolo V e il Re di Spagna Filippo III in cambio volevano essere liberi di evangelizzare le isole nipponiche con i loro missionari addestrati.
Miso e riso in cambio di pizza e ostie.
Ci vollero alcuni anni prima che la nave per la traversata potesse prendere il largo, ma per la sua costruzione bastarono solo 45 giorni.
Fu chiamata ruffianamente dagli spagnoli San Juan Bautista.
Ci lavorarono 800 operai, 700 fabbri e 3000 carpentieri.
Il porto di Tsukinoura (attuale Ishinomaki) era orgogliosissimo di questa opera d’ingegno, anche se avrebbe preferito usarla per delle crociere a base di sesso e sake.
Ma non si può avere tutto nella vita. Che he palle chiudersi sempre, meglio esplorare questi nuovi mondi, perché aprirsi aiuta a superare barriere e paure e poi il Messico non dev’essere così male, dicono che i tacos siano buonissimi. Masamune deve aver convinto così il porto e gli abitanti di Ishinomaki.
Sicuramente guardava avanti.
E poi quella nave era sopravvissuta a un grande Tsunami che due anni prima aveva sommerso la città. Quindi era un segno del destino. Doveva assolutamente partire.
Il 28 ottobre 1613 tutti corsero a salutare il samurai Tsunenaga, capo delle delegazione e pronto a far saltare le teste dei servetti del Papa se non ci fosse stato un accordo equo e giusto, Luis Sotelo, missionario francescano e l’ambasciatore spagnolo Sebastián Vizcaíno.
La prima tappa fu Acapulco, nota per le sue spiagge e le guerre interne dei narcotrafficanti.
Hasekura Tsunenaga avrà pensato: “Mal che vada ci drogheremo!”
Il viaggio durò tre mesi. Una palla per tutti quelli che c’erano a bordo.
Dopo aver riposato qualche giorno e bevuto Daiquiri alla fragola raggiunsero via terra Città del Messico.
Non rimasero fermi a lungo, nonostante quasi tutti fossero pazzi per le telenovelas, ad aspettarli c’erano già altre navi pronte al porto di Veracruz. Tsunenaga e tutta la ciurma non seppero mai come finì “Anche i ricchi piangono”, ma erano comunque eccitati all’idea di incontrare il Papa perché quel furbetto di Luis disse che era la voce di Dio in terra e che era capace di moltiplicare il sashimi.
Dopo una breve pausa a Cuba, giusto il tempo di un selfie davanti alla scritta “Hasta la Victoria Siempre” finalmente la delegazione puntò dritto verso Siviglia.
Altri tre mesi di mare, soste tecniche, riso e carne secca e anche lì una noia mortale sia a poppa che a prua.
Ma i giapponesi si sa sono fieri e gran lavoratori e se gli viene assegnato un compito lo portano a termine fino alla fine.
Poi gli dissero che in Italia c’era una città bellissima costruita sul mare, dove facevano aperitivi fantastici e con delle barchette a forma di banana.
Venezia è bella, ma non ci vivrei. Detto questo piace un sacco agli stranieri.
Finalmente il 30 Gennaio 1615, secondo i diari di bordo, la delegazione, chiamata “Missione Keichō” arrivò a Madrid davanti al trono del Re Filippo III, Tsunenaga consegnò la lettera di Date Masamune e infine crollò esausto nel letto.
Qualche giorno dopo il Samurai s’immolò per la patria.
Tranquilli non fece Seppuku, semplicemente si battezzò, cambiando il suo nome in Don Filippo Francesco Hasekura Rokuemon, per gli amici Pippo.
Chissà se in cuor suo sperava di poter facilitare gli scambi commerciali con il suo paese.
Depose la spada e imbracciò il rosario, ma dal Giappone arrivò la notizia che i cristiani non erano più graditi. I giapponesi non erano abituati ad andare a messa la Domenica mattina e poi questa cosa del senso di colpa non gli piaceva affatto.
E così mentre tra Edo e Kyoto volavano teste di missionari, in Spagna si cercava una mediazione.
Pippo era in sbattimento. Rimaneva solo Il Papa come ultima carta da giocare, in fondo era una sorte di Dio in terra e magari sarebbe bastata una sua preghiera per risolvere il problema dell’astio fra cristiani e giapponesi.
Dopo un giro a Barcellona, Saint-Tropez, Savona e Genova, giusto per assaporare il clima mite mediterraneo, la delegazione entrò trionfante a Roma il 25 ottobre 1615.
Nella capitale erano tutti ansiosi di vedere questi strani personaggi con le loro curiose vestaglie e i sandaletti di paglia. Le donne impazzirono per i baffetti di Hasekura Tsunenaga che insieme ai suoi amici alloggiò nel monastero di Santa Maria in Aracoeli in Campidoglio.
Dalla sua finestra il Samurai di Sendai poteva vedere le rovine dei fori imperiali e il convento dei gesuiti dove 30 anni prima erano stati ospitati i famosi giapponesi dell’Ambasciata Tenshō, i primi ad arrivare in Europa.
Luis Sotelo, che si occupava dell’evangelizzazione di tutta la prefettura di Miyagi era un francescano colto e tranquillo e quelli del suo ordine non vedevano di buon occhio i gesuiti, che un po’ se la tiravano perché erano arrivati in Giappone per primi.
Così una lettera anonima arrivò al Papa primo del grande incontro.
“Ciao Paolo sono un gesuita in incognito, volevo dirti che quel samurai è venuto a Roma solo per scopi commerciali quindi è da considerare un profano e peccatore. Poi da quando sono arrivati i francescani in Giappone chissà perché iniziano a odiarci tutti. Fanno sempre bordello e si sono messi pure a vendere rosari e santini promettendo vita eterna”
Dovette intervenire il Re di Spagna che riuscì grazie ai suoi collaboratori a calmare le acque.
Ma il Papa si era già stufato di tutte queste polemiche e volle finire questa farsa in quattro e quattr’otto.
Il 3 Novembre 1615 diede udienza alla Delegazione, essendo però filo gesuita non li accolse nella Sala Reale, ma in una più modesta fuori da San Pietro.
Dopo questa delusione e le continue brutte notizie che arrivavano dal Giappone sulla sorte dei cristiani, alla “Missione Keichō" non restò altro che fare le valigie e ritornare in patria.
Non riuscirono nemmeno a vedere Venezia, ormai tristi e sconsolati contavano i giorni che li separavano dalla loro patria.
La rotta verso casa era piena di insidie. Visto l'aria pesante e il sangue cristiano che scorreva a fiumi in Giappone, la delegazione fece tappa a Manila, allora colonia spagnola. Il 10 Agosto 1618 gli iberici comprarono la San Juan Bautista a poco prezzo per contrastare gli olandesi che facevano i bellimbusti in tutti i luoghi e in tutti i mari.
Tsunenaga triste e frustrato riuscì a rientrare a Sendai quasi subito, ma trovò un paese completamente diverso da come lo aveva lasciato, sadico e ombroso con la paura dello straniero. Morì qualche anno più tardi dimenticato da tutti.
A Luis la sorte non sorrise. Quando seppe della scomparsa del suo amico entrò di nascosto a Nagasaki, chissà poi per quale motivo, forse voleva tentare un’ultima mediazione con i giapponesi. Fu arrestato ed imprigionato a Ōmura per due anni. Il 25 Agosto 1624 fu messo al rogo insieme ai suoi compagni di cella.
Non fu una missione di successo quella di Keichō, ma a distanza di 400 anni, rimane ancora un lungo viaggio di fede e ricerca di dialogo fra popoli sconosciuti.
La riproduzione della San Juan Bautista o chiamata da tutti La grande nave nera di Tsunenaga è stata distrutta l’11 Marzo 2011 dal grande Tsunami che travolse le coste del Tohoku.
Ricostruita grazie a donazioni e sponsorizzazioni è diventata simbolo di speranza e rinascita per gli abitanti di Ishinomaki. Potete vederla esposta nel Miyagi San Juan Bautista Museum QUA.
Ed è triste sapere che oggi dopo secoli il Giappone, per altri motivi, sia ancora chiuso.
Gtvb
A Civitavecchia, dove la Missione Keicho attraccò prima di arrivare a Roma, c’è una statua di Hasekura Tsunenaga e nella chiesa dei martiri giapponesi un dipinto di una Madonna che indossa un kimono.
Se volete sapere di più sulle avventure di Tsunenaga leggete il report che ha scritto Yuko Noguchi, reporter e coordinatrice dei media giapponesi in Italia, sul sito L'Altro Giappone. Basta cliccare QUI.
Foto Cover: GiapponeTVB X Luca Sampieri 21Art.net
Immagini: ©SJB Museum